“La musica trova il suo coronamento nell’amore per il bello” Platone, Repubblica, Repubblica, L. III, 403 c-d. Il 12 maggio del 1928 nasceva a Kansas City (USA), Burt Bacharach, il leggendario musicista e compositore, cantato, al pari di Omero ed Esiodo, dalle più grandi “stars” del secondo e del terzo millennio, e non solo … Scrivo questo omaggio-elogio per il grande maestro e compositore statunitense Burt Bacharach, per celebrare la sua memorabile arte, proprio nel dodicesimo giorno del mese di maggio, del suo 93° luminosissimo compleanno.
Maurizio Militello (Grato, Dott. Salvatore Patanè, Dr.ssa Patrizia Santagati)
Omaggio a Burt Bacharach nel giorno del suo 93° compleanno “La vita per la musica … la musica per la vita …”
Scrivo da perfetto ignorante in materia musicale, ma sostenuto da quell’ammirazione, da quella “affinità elettiva”, direbbe Johann Wolfgang von Goethe ne l’“Educazione sentimentale”, da quella ‘comunanza’ di spirito, capace di infondere coraggio al più sciagurato dei propositi, proprio come quando si dichiara il proprio amore, esponendosi, senza alcuna certezza di corrispondenza. “La vita è un libro, e un libro è una vita” Maurice Blanchot. Anche se “L’arte di scrivere un libro non è ancora stata trovata” Novalis, la musica è vita, e la vita è musica… Perfettamente conscio che non si possa riassumere la vita in un libro, me che meno in poche righe, ma, tutt’al più, fornire un “segnale”; e mosso dal “πάθος”, dalla passione, dalla gioia, dall’armonia, che la stessa musica composta dal maestro riesce a produrre, che rende “ἐμπαθής”, appassionato, e dalla profonda ammirazione che nutro, da sempre, per la musica e la persona del maestro, mi accingo ad affrontare questa “prova”, che ha quasi un carattere “iniziatico”. Seguo le produzioni artistiche del maestro sin dall’età di 11 anni circa assieme a mio fratello che ne aveva 3, mio padre e mia madre, che hanno effuso quest’interesse per il Maestro sin dall’inizio dei luminosissimi anni ’70. A quel tempo dominava indiscusso il “magico” vinile … e noi possedevamo tutta la collezione dei suoi mirabili album … capolavori assoluti … per tutti noi … ricordo ancora il “dondolamento ritmico”, spontaneo, di mio fratello, davanti alle casse che irradiavano la sua musica, inducendolo al “moto armonico” … qualcosa che richiama alla mente il ”dondolamento” dei bambini ebrei, che imparano ritmicamente i passi della “Thorà”, un procedimento antropologico tipico in vari ambienti etnici, tra cui quello semitico, come legge mnemotecnica di concatenamento delle frasi con l’aiuto del ritmo. “I Greci armonici lo avevano capito – scrive il grande gesuita Marcel Jousse negli anni ’30 – essi facevano ritmo-mimare melodicamente ai propri bambini lo stile orale dattilico di Omero” (cfr. Marcel Jousse, Dal mimismo alla musica nel bambino, in Ecologia della musica. Saggi sul paesaggio sonoro (a cura di Antonello Colimberti), op. cit. p. 14) (cfr. Jaques Viret, La musica occidentale e la tradizione, Metamorfosi dell’Armonia, Cura e trad. Antonello Colimberti, Simmetria, p. 13). I legami tra le varie sfere percettive e le forme del sapere, e le interconnessioni tra queste sono un tema affascinante … questo tema, quello dell’“isomorfismo” tra le “technai adelphai”, scienze sorelle (aritmetica, geometria, musica, astronomia), è stato ampiamente trattato da Platone in più luoghi, ‘Simposio’, ‘Timeo’, ma soprattutto nella ‘Repubblica’, e comunque diffuso in tutta la “tradizione”. Ho accennato a questo tema di carattere antropologico proprio perché ‘Euterpe’, ‘Musa’ della ‘Musica’, che fa parte delle 9 Muse classiche, che la tradizione greca vuole all’acmè del Monte Parnaso, congiuntamente ad Apollo, è in grado di trasmetterci sensazioni visive, attivare processi di ‘Reminiscenza’, farci letteralmente “sentire”, nel senso di “udire” i colori attraverso la musica, evocare sensazioni tattili, i sapori, la “fragranza”, che taluni autori utilizzano come qualcosa che ci consente di collegarci all’ambito “metafisico”, “divino” (cfr. la “Visio beatifica” in Agostino d’Ippona, Bonaventura da Bagnoreggio, Tommaso d’Aquino, Dante Alighieri). Le ‘armoniche’ prodotte dal maestro Burt Bacharach sono in grado, come un’alchimia, di attivare questi mirabili processi sinergici. “Burt Bacharach è il pathos all’interno del frastuono americano.” Albert Goldman (cfr. Ondarock / pop muzik / Burt Bacharach). Sempre alla ricerca della “misura”, che è una qualificazione ‘divina’, indefinitamente … il maestro non è mai contento cerca sempre qualcosa da perfezionare, migliorare, instancabilmente, fino a trovare quel “punto”, che è, immaginando una “circonferenza” e il suo “centro” … quel “luogo equidistante dagli estremi”, che è proprio il “centro”, il luogo dell’ “equilibrio”, dell’ “armonia”… “Non dobbiamo temere tanto il fuoco, quanto la dismisura …” Eraclìto, fr. E questo il Maestro Burt Bacharach lo sa bene … per questo i suoi arrangiamenti sono curati in modo, oseremmo dire … maniacale … proprio per questo ogni sua “creatura” è un capolavoro … nella mente e nell’orecchio del Maestro vi è una “tensione armonizzante” … naturalmente orientata al reperimento di quell’ “Ethos paieudico”, quel carattere educativo, reperibile nella musica e dalla musica … capace di ri-condurre all’ “Armonia” … e questo lo sapevano bene gli “armonici” Greci, Pitagora in primis, Platone che su questo costruì il suo mirabile e monumentale dialogo “Repubblica”, e il Maestro Burt Bacharach … “L’armonia, che ha dei movimenti analoghi a quelli che si svolgono regolarmente nella nostra anima, non è stata data dalle Muse a chi, con intelligenza, abbia rapporto con esse, soltanto in vista di un piacere irrazionale, come ora si crede che in ciò consista la sua utilità, ma come alleata per portare all’ordine e all’accordo con sé il movimento dell’anima divenuto in noi discordante; e anche il ritmo ci fu dato dalle stesse Muse per lo stesso scopo, come un aiuto per correggere la nostra disposizione che manca per lo più di misura (αμετρον, ametron) e di grazia (χαριτων, kariton). Platone, Timeo, 47d-e. (cfr. Platone, Timeo, a cura di Francesco Fronterotta, BUR, p. 253) In più occasioni, durante le interviste, è stato chiesto al Maestro, se la musica fosse stata importante per lui e avesse avuto un qualche effetto “terapeutico” su di lui anche in momenti “difficili”, egli ha sempre risposto affermativamente ad entrambe le domande. “Bacharach è George Gershwin che incontra Duke Ellington nella nascente pop music. Mentre i due citati saldano la musica colta alla tradizione blues-jazz, Bacharach va oltre, unendo le due componenti anche alla popular musical, ampliandone così orizzonti e prospettive” (cfr. Ondarock / pop muzik / Burt Bacharach) “… semplici emozioni si traducevano in musiche e parole costruite ad arte, canzoni che erano davvero molto più complesse di come suonavano. Bacharach le faceva apparire facili, ma non lo erano. Aveva spinto il songwritingverso nuove, eccitanti frontiere, con un uso innovativo di parole, ritmi e melodie”. Robin Platts (cfr. Ondarock / pop muzik / Burt Bacharach) Bacharach è uno dei più grandi geni della musica popolare americana. Le sue canzoni superano le aspettative di ciò che una pop-song dovrebbe essere. Armonie avanzate, mutazioni di accordi con imprevedibili modulazioni, improvvisi cambi di ritmo… Ma fa apparire tutto così naturale che non te ne rendi conto e non puoi fare a meno di metterti a fischiettarlo, John Zorn (cfr. Ondarock / pop muzik / Burt Bacharach) “Io e Walter Becker eravamo grandissimi fan dei dischi di Burt, ci hanno influenzato profondamente” Donald Fagen (cfr. Ondarock / pop muzik / Burt Bacharach). Burt Bacharah ha prodotto una schiera di proseliti pressochè indefinita “citarli tutti sarebbe impossibile: Rem, Elvis Costello (con cui produrrà l’immenso “Painted From Memory”), Mark Hollis, Diana Krall, Sterelolab, Luther Vandross, Love, Oasis, White Stripes, Pretenders, Laura Nyro, Belle and Sebastian, Cardinal, Divine Comedy, Kyoto Jazz Massive, Isaac Hayes, di cui bisogna ricordare la strepitosa cover di “Walk On By” nell’album “Hot Buttered Soul”, curiosamente coverizzata anche in versione post-punk dagli Stranglers nell’Ep allegato all’album “Black & White” del 1978… la lista sarebbe davvero infinita.” (cfr. Ondarock / pop muzik / Burt Bacharach). Pertanto, vorrei tessere un omaggio, che è anche un elogio, alla persona è alla luminosissima carriera del maestro, come fece Stesicoro, sommo filosofo e poeta, di Himera (῾Ιμέρα, VII sec. a.C., Palermo, Sicilia), e Gorgia, anch’esso sommo filosofo sofista, di Lentini (Λεοντῖνοι, Siracusa, Sicilia), i quali lo rivolsero ad Elena, io vorrei offrirlo a questo artista “extraordinaire”, direbbero i Francesi, di tutti i tempi, Burt Bacharach. “La parola ha corpo minimo e invisibilissimo, ma capace di cose divinissime” Gorgia, Elogio a Elena. Lo ricorda anche Platone nel dialogo ‘Carmide’, quando suggerisce a Carmide, di assumere il ‘pharmakon’, non senza un ‘logos’, una parola, sapiente, il solo in grado di attivare il ‘pharmacon’ stesso …Come la parola, anche la musica, e in particolare la musica del maestro Burt Bacharach, è “capace di fare cose divinissime” … “Volevo solo andare in strada a giocare a palla come tutti quelli che conoscevo. Vivevo a Forest Hills, ero ebreo ma non volevo che nessuno lo sapesse. Ero troppo basso perché una ragazza notasse anche solo che ero vivo. E mentre avrei potuto trovare me stesso imparando davvero a suonare il pianoforte, non c’era niente al mondo che odiassi più di quello strumento. ”Burt Bacharach (cfr. Ondarock / pop muzik / Burt Bacharach) “La follia che viene da dio supera il senno che è di origine umana” Platone, Fedro, 244d, 245a (cfr. A.K. Coomaraswamy, Il grande brivido, Adelphi, p. 359). L’acclarazione di Platone in ‘Fedro’ vale pienamente per la persona e l’opera del maestro statunitense, animata da un “sacro fuoco” imperituro che ha veramente qualcosa di “divino”, una sorta di “Daimon”, di angelo, di divinità, che abita il suo corpo, e la sua anima, e ne anima il ritmo, il movimento, simile a quella che aleggiava su Socrate, e lo dissuadeva da un qualche intento, mentre nel caso del maestro lo incita a scrivere e suonare armonie “divine”. E il racconto del maestro, sul suo rapporto di odio-amore, quasi di distacco, con quello strumento che lo ha reso famosissimo in tutto il mondo ci fa ricordare tanto quell’espressione socratica del dialogo platonico “Eutifrone”, in cui Socrate, dopo aver ricevuto gli elogi da Eutrifone, risponde, con modestia, “è il fatto che sono abile senza volerlo” (cfr.Platone,Eutifrone, Bompiani, Pref. sagg. intr., trad.,note e app. G. Reale, App. bib. M. Andolfo,p.117), lasciando intravvedere di essere solo uno strumento divino. Personalità tormentata, inquieta, quella del maestro, sempre alla continua ricerca dell’ “Ergon”, della funzione, del compito, come la chiama Aristotele, e dell’ “armonia”. Non vorrei immergermi però nella biografia del maestro, né nel computo pressoché sterminato, degli allori mietuti, e dei sodalizi intrecciati con altri artisti come Dionne Warwick, Dusty Springfield, o Aretha Franklin, Stevie Wonder, Elvis Costello, ad esempio, e molti altri. Non ne sarei capace. L’opera del Maestro merita un approfondito studio esegetico che non sarei in grado di compiere; inoltre sono state consacrate tonnellate di inchiostro al maestro, con miglior profitto, talento e competenza del mio. Mi sono semplicemente limitato a seguire solo alcune tracce musicali significative, sull’onda dell’ “empatia”, prodotta dalle sue armonie, che mi sono servite come “filo d’Arianna”, per collegare qualche elemento particolare della sua vita alla sua sterminata produzione, e per tracciare alcuni collegamenti con la “tradizione” nella sua generalità, e musicale nello specifico, eterna, di cui il Maestro è degno depositario, poiché emblema, come direbbero gli induisti in lingua sanscrita, delle “Sanatana Dharma”, Leggi Perenni”, le “Leggi cosmiche”, di cui noi tutti siamo emblemi . Tutto ciò ci consente di dire che l’opera del grande maestro e compositore Burt Bacharach deve il suo carattere di permanenza, di fissità, e di eternità, al fatto che, come ricorda Ananda Kentisch Coomaraswamy, “la vera filosofia dell’arte è sempre e ovunque la stessa” (cfr. A.K. Coomaraswamy, Il grande brivido, Adelphi, p. 37). Pertanto la vera musica, che utilizza determinate ‘armonie’, conformi alla nostra autentica natura, e capaci come direbbe Platone di “riordinare il nostro giro interiore dell’anima” (Plat., Timeo, 47 d-e), ha, come la musica del Maestro, carattere di ‘eternità’. Occorre però, rilevare che uno dei sodalizi artistici più duraturi e proficui fu quello con la cantante “Dionne Warwick che diventerà la sua “musa”, come apprendiamo dalle biografie, essa è “Capace di affrontare e le difficoltà ritmiche-armoniche delle composizioni di Bacharach (fate caso alla naturalezza con la quale riesce a divincolarsi dai 5/4 ai 4/4 per poi passare ai 7/8 in “Anyone Who Had A Heart”, il suo secondo successo) e quelle espressive di veicolare feeling complessi, la Warwick si ritrova la voce perfetta per le canzoni del duo: “Ero solito darle suggerimenti. Ora non più. So che quello che farà sarà sempre un gioiello”, dirà di lei Bacharach.” (cfr. Ondarock / pop muzik / Burt Bacharach). E’ stato toccante, e al contempo mirabile, vederlo esibire, con l’orchestra sull’ “ambito palco” a Venezia, nello spettacolo dal titolo “Burt Bacharach live in Concerto” tenutosi il 23 luglio del 2014. Sto componendo questo scritto accompagnato dalla musica “irripetibile” offerta dal Maestro in “Burt Bacharach Movie Medley. October 2008”, dal “grandioso e mirabile respiro sinfonico’’, il flusso “benefico”, sua ‘armonia’, prodotta attraverso il piano, che è “fusione”, come ebbe a dire Filolao, in un frammento, “di plurimescolati elementi e consenso di dissenzienti”; “armonia” e “ritmo”, “sono all’origine dell’Universo” ci insegna Platone in “Repubblica”. I mirabili brani del compositore statunitense … dal potere “Kathartico”, sono pura “therapeia”, una cura, come insegna Pitagora, capace di guarire il “soma”, il corpo, ma anche la “psyche”, l’anima … questo è il potere della ‘Musa’ della musica a cui il maestro Burt Bacharach ha consacrato tutta la sua vita …“Erasmiotaton”, amabile in sommo grado, avrebbe detto Platone riguardo alla musica del Maestro, anche se il filosofo greco propendesse maggiormente per la “monocordia”, per un’espressione musicale meno “mundana”, avrebbe senz’altro acclamato con entusiasmo le mirabili armonie offerte dal compositore, ad esempio nel concerto – 72nd Oscars – Dionne Warwick – March 26, 2000, con il suo piano, solennemente classico, sublime, che accompagnava l’altrettanto sublime voce di Dionne Warwick; c’è qualcosa di sacro in entrambi … e vedere e ascoltare il ‘miracolo’ musicale di Ray Charles nello stesso palco è qualcosa di veramente straordinario e oseremmo dire ‘divino’. Un paio di coincindenze, che qualcuno dedito all’astrologia denoterebbe con l’espressione “fortunose congiunture astrali” … : La nascita del maestro nello stesso anno di mia madre, e la passione di mia nonna, nativa di Alessandria d’Egitto, per la musica che la portò a svolgere l’attività di soprano, riscuotendo un certo successo grazie alla sua particolare timbrica, alla fine degli anni ’20, al “teatro Vincenzo Bellini” di Catania, ma non ebbe la fortuna che meritava … tra l’altro il nonno, uomo “vecchio stampo”, dai solidi principi morali, ufficiale della “Regia Marina Italiana”, non vedeva di buon occhio questa attività della congiunta … altri tempi … chissà … a volte immagino … se il destino avesse voluto … se mia nonna avesse continuato … se avessero mai potuto incontrarsi … e conoscersi … e fare un duetto assieme … li immagino così sul palco … esibirsi … insieme … straordinario … Ecco, per il principio dell’ “isomorfismo” trasmessoci da Platone, attraverso il dialogo “Repubblica”, e potremmo dire anche per il principio di “interconnessione tra le varie sfere percettive” e la varie “technai”, scienze, come le chiama Platone, e le varie “forme di sapere”, così … la musica dei grandi artisti, come Burt Bacharach, ci aiuta a vedere con gli occhi ciò che sentiamo con le orecchie …“La vita è musica … e la musica è vita…”E’ proprio ciò che è testimoniato a “gran voce” dal maestro. La “tradizione” afferma la genesi dell’Universo dalla “vibrazione cosmica originale”, il “Fiat lux” della tradizione biblica, tanto cara alle origini ebraiche del Maestro … espressa dal “monosillabo Sacro” … meglio noto come “OM” della tradizione vedica, che dà vita a quella mirabile “forma simbolica” “tradizionale”, che Michel Valsan ci ricorda essere espressa dal cosiddetto “simbolo ideografico dell’uomo primordiale Universale” (OM), il “Triangolo equilatero”, il “triangolo più perfetto” per Platone (‘Timeo’), il cui raddoppiamento crea l’ “esagramma” (i due triangoli equilateri opposti e compenetrati), che danno vita a un’altra forma tipica espressione dell’ebraismo il sigillo o “stella di Davide”, elemento comune a tutte le “tradizioni autentiche”. Così, mirabilmente le “forme simboliche” geometriche possono trasformarsi in musica … e la musica in “forme simboliche” geometriche …In fondo noi non siamo altro che musica …Lucrezio, ci insegna , nel suo mirabile “De rerum natura”, “… così gli esseri si scambiano la vita e l’Universo si trasforma …”Lucrezio, De rerum natura in uno “scambio continuo”, “eterno” … in fondo noi tutti facciamo parte di una stessa grandiosa entità che è il cosmo: Tutte le cose appartengono all’Uno, e quest’Uno è tutte le cose; infatti, un termine è talmente connesso all’altro che è impossibile che l’uno rimanga separato dall’altro” Parole di Ermete Trismegisto ad Asclepio. (cfr. Corpus Hermeticum, a cura di Ilaria Ramelli, Bompiani) Proprio di questo grande valore si fa portatrice la musica del maestro, la tensione ‘unitaria’ e ‘unificante’ che si respira nelle sue note mirabili. Non dobbiamo affatto stupirci di trovare somiglianze tra le cose del mondo … Platone ci insegna, in “Repubblica”, che ciò deriva dal fatto il “Demiourgos”, “Architetto Artigiano dell’Universo”, crea ogni cosa per tramite del “typos”, il modello, che imprime ad ogni cosa, come ricorda il Prof. Andrew Barker “la propria stessa natura a tutto ciò che crea …” (cfr. A. Barker , Psicomusicologia …). “παν δη το αφατον καλον …”Tutto ciò che è buono è anche bello, e tutto ciò che è bello, certo, non è privo di misura e proporzione…”Platone, Timeo, 87c (cfr. Platone, Timeo, a cura di Francesco Fronterotta, BUR, p. 413). Traspare dalle note, dalle armonie, offerte dal Maestro Burt Bacharach, questo concetto di “bellezza morale”, espresso da Platone in “Timeo”, questo concetto di bellezza originata dal “Kalon”, dal buono, dalla virtù … Ecco nelle armonie offerte dal maestro può leggersi quel tipico ideale greco classico che ha animato tutta la “poiein”, la produzione, classica greca sintetizzabile con l’espressione “Kalokagathia”, Kalos-agathos”, Bello-Buono, l’ideale aristocratico della bellezza “morale” platonica, colto nella sua accezione più elevata, della nobiltà dell’anima … C’è qualcosa di arcaico, una “vibrazione cosmica”, nella sua musica, di antico e al contempo di nuovo, di complesso, ma reso con semplicità, che avvicina mirabilmente le sue “corde” alla “monodia” tradizionale, la musica “Plana”, offerta dalla tradizione, e nelle grandi pause, ricche di ‘risonanze’, si racchiude il segreto di quel “niente”, della “tradizione”, e in particolare della “tradizione estremo orientale”, “che è tutto” (cfr. René Guénon, Scritti sull’esoterismo islamico e il taoismo, Adelphi). Come spiega Jacques Viret (cfr. J. Viret, La musica occidentale e la tradizione, Simmetria, p. 17 sgg), la musica “Plana” si distingue dalla “Mensurata”, o “Polifonica”, anch’essa assai utilizzata magistralmente dal compositore statunitense. Potremmo considerare il Maestro Burt Bacharach l’ultimo dei “grandi classici”, anche se egli tiene a sottolineare che «musicalmente sono nato nell’ambiente jazz della 52ª Strada di New York», e non può escludersi, se l’orecchio e la mente non m’ingannano, una propensione, nelle armonie del maestro, anche per il cosiddetto “sistema perfetto immutabile”, classico emblema della grande “tradizione”, che “contiene tutte le scale parziali di quarta, quinta, ottava” (Tolomeo Harm. P. 50 15 ss. During; cfr. Eleonora Rocconi, Mousikè téchne, EDUCatt, p. 71), risalente ai pitagorici e in generale riconducibile all’antichità. “L’ordine sonoro, acustico, è un ammirevole simbolo dell’ordine naturale, cosmologico o cosmogonico. Il “suono fondamentale”, cantato o suonato, simbolo dell‘Unità principiale (Spirito divino), è accompagnato dai “suoni armonici” acuti, simboli della molteplicità della manifestazione (creazione) che determina il suo timbro. (…) Nel canto liturgico bizantino o russo, il bordone (suono basso, n.d.c.) tenuto da alcune voci gravi “è il simbolo dell’eternità, allo stesso modo che il fondo dorato delle icone simboleggia la luce divina” (cfr. Jacques Viret, La musica occidentale e la tradizione, Simmetria, p. 22 sgg.). Il Prof. Giovanni Reale, nell’introduzione al mirabile testo di Werner Jaeger, Paideia, riporta le descrizioni di Platone ed Aristotele fatte dallo stesso autore: “Tutto ciò che è venuto a contatto con lo spirito di Platone possiede una certa rotondità plastica, ma niente contrasta più dell’idea alla tendenza analitica del pensiero aristotelico, il quale sta al pensiero platonico come lo studio anatomico della figura umana sta alla sua presentazione artistica” (cfr. Werner Jaeger, Paideia, Bompiani, intr. p.XXI). Così potremmo assimilare la musica del compositore statunitense alla rotondità plastica del “logos” platonico, e ad una scultura di Policleto come il doriforo. Tutti e tre accomunati dalla legge dell’ “Harmonia”. Più ascolto la musica del Maestro e più ne leggo la grandezza, in essa appaiono trasposte le grandi opere degli artisti della classicità greca descritte da Silvio Ferri, filologo e archeologo italiano, emblemi dell’ “Ethos musicale” platonico, descritto dallo stesso in “Repubblica”, opera di riferimento per l’educazione dell’uomo greco. All’interno di questa dimensione, quella della classicità greco-romana, si muove la produzione di grandi artisti come Nino Rota, altro grande “enfant prodige”, che come il Maestro Bacharach ha una predilezione per la grande musica “alata”, dal respiro sinfonico, paragonabile alla classicità delle opere platoniche, in ambito filosofico, e policletee, nell’ambito dell’arte scultorea. Le strutture musicali del compositore statunitense si stagliano in una dimensione “a-temporale”, “metempirica”, “divina”, capaci di attraversare tutti gli stili, le mode, i tempi; esse hanno il pregio di leggersi come una scultura, un’architettura, che in fondo è, come rileva J. Wolfgang von Goethe , “musica pietrificata”, un reperto archeologico, come oggetto custode di sapienza millenaria, leggibile in senso “sincronico” e in senso “diacronico”. Così in esse trova talora maggior spazio l’“arcaico”, la “tradizione”, attraverso il ritmo, in altre la melodia, ma anche le dissonanze, introdotte da Arnold Franz Walther Schönberg, e sviluppate nel jazz, tipiche della più prossima contemporaneità … Ricchissima di istantanee citazioni, di mirabili legami, con le armonie di Richard Strauss, con la grande classicità di L. Van Beethoven, di J. S. Bach, “simbolo della ‘nobile’ musica antica (cfr. Jacques Viret, La musica occidentale e la tradizione, Simmetria, p. 25), la sofferenza e l’estasi di C. Debussy, di Ravel, e il respiro sinfonico dei grandi italiani, Giuseppe Verdi, Giacomo Puccini, lo struggente Ruggero Loencavallo con il suo mirabile “Pagliacci”, con il quale, credo possa condividere l’inclinazione per l’incedere a favore della ‘suite’ strumentale, le arie solenni, i tempi rallentati, le pause estese, che inducono a ricordare quanto disse il pittore Eleusi alla domanda posta sul perché egli dipingesse così lentamente: “dipingo lentamente perché dipingo l’eterno”. Eleusi. Il Maestro e compositore statunitense dice nelle biografie che “fu proprio Cole Porter ad accendere in me l’amore per la musica. Lui mi ha influenzato sin da ragazzo. Scriveva romanzi in musica e fu la sua Night and day, il mio vero colpo di fulmine.” Ma è possibile azzardare una relazione analogica tra il grande Burt Bacharach e un altro grande della musica italiana Luigi Tenco, entrambi attenti all’introspezione, alla struggente percezione dell’ “irreparabile trascorrere del tempo”, come scriveva il poeta latino Quinto Caio Flacco, alla caducità della vita terrena, “corruttibile”, contrapposta alla fissità, la permanenza delle virtù, che sono “incorruttibili” come il divino … così sono preferite certe armonie aperte, non concluse, come un verbo come “amare” declinato al modo indefinito, è il caso della mirabile di “Alfie (Burt Bacharach – Hal David)”, le cui sonorità appaio dilatate, sospese, stagliandosi in una dimensione “a-temporale”, quella che i filosofi Greci chiamano dell’ “Esychia”, il luogo della quiete, dell’eternità, del divino … ma una cosa rende, in particolare, affini, due personalità artistiche così straordinarie come Burt Bacharach e Luigi Tenco, la capacità di rendere stati d’animo particolari, attraverso l’uso di “armonie”, e la capacità ancor più singolare di passare da un’ “armonia misolidia”, dal carattere triste, malinconico, ad una “armonia dorica”, ordinata e solenne, o addirittura ad una “armonia frigia”, improntata alla esultanza, di carattere orgiastico, così come venivano denominate da Damone, maestro sapienziale di Platone in ambito musicale, e la capacità addirittura di inserirle talora nello stesso contesto della struttura musicale. Poi ognuno a secondo del proprio bisogno utilizzerà quella più congenere, per un’uso allopatico o omeopatico. Forse è più facile dire cosa non si trovi nelle armonie del compositore statunitense, visto che vi trova spazio anche la “samba bossa”, il “pop song”, oltre al più raffinato jazz, ma anche l’interesse per artisti come Ennio Morricone, il quale manifesto a sua volta il suo interesse nei confronti del Maestro statunitense. Tra i suoi molteplici interessi stilistici, in particolare, può citarsi quello per artisti come Duke Ellington (1899-1974), Charlie Parker (Kansas City 1920-1955) suo concittadino, Dizzi Gillespie (Cheraw, 21 ottobre 1917 – Englewood, 6 gennaio 1993), che Charlie Parker considerava “l’altra metà del mio battito cardiaco”; con Charli Parker, nell’album “Autumn in News York”, figurano nomi come Frank Sinatra, Billie Holiday, Lionel Hampton & S. Getz, Thelonious Sphere Monk (Rocky Mount, 10 ottobre 1917 – Weehawken, 17 febbraio 1982). ma vi era interesse anche per pianisti come Bud Powell, e il “laconico” Mail Davis, Charlie Mingus, Ella Fritzgerald, Lionel Hampton e Stan Getz, la cui grandezza è tale che ci fanno “vedere con le orecchie” … , come s’è già accennato, una New York trasognata, attraverso la loro “Stan getz autumn New York”; e poi John Coltraine, e successivamente per artisti come Stevie Wonder, Elton John e Gladys Knights, Elvis Costello, ai quali è legato da un sodalizio artistico, per citare solo alcuni nomi di un pressochè sconfinato “Pantheon musicale”, o se vogliamo di una catena sapienziale musicale planetaria, della contemporaneità. Chi, tra coloro che fanno parte di questa splendida, luminosa, scintillante, “χοινωνια”, comunanza armonica, come la chiamerebbero Plutarco (che scrisse “περι μουσικε”, Sulla musica) e Proclo (cfr. W. Beierwaltes, Proclo, Vita e Pensiero, p. 81), fondata sull’ “ἔρος”, sull’amore, non vorrebbe duettare, esibirsi, con il maestro Burt Bacharach, che come “Pan” (figlio di “Hermes”) a cui Platone fu consacrato, ai piedi del monte Imetto, dai genitori, Periectione (la madre) e Aristone (il Padre), incanta con il suo strumento chi lo ascolta? L’amore è il tema ricorrente, “ospite fisso”, delle sue creazioni. Quell’amore che è “terreno”, ma “universale”, divino. “Eros”, l’amore, rappresenta il “medium”, l’elemento mediano, che, come l’anima, che unisce il corpo allo Spirito, unisce gli uomini tra loro, e gli uomini a Dio. La “μέθεξις”, la partecipazione, di cui è nota, come insegna Proclo, la “speciale potenza” (W. Beierwaltes, Proclo, Vita e Pensiero, p. 81), che il compositore statunitense riesce a trasmettere durante i suoi spettacoli all’auditorio, è mirabile, è una sorprendente alchimia, che contagia l’animo degli spettatori spingendoli al canto e al movimento, in un’atmosfera sublime dove l’ “Harmonia mondana” si mescola indistinta all’ “Harmonia divina”, inaudibile … creando “circulate melodie”, come direbbe Dante (Par. c. XXIII) che custodiscono il “mistero della vita”. “εν ρυθμω” Arist., Probl., V, 16 (cfr. Vitruvio, Architettura, BUR, L. I-VII, intr. Stefano Maggio, testo crit., trad. e comm. Silvio Ferri, BUR, p. 101) Quando si respira “εν ρυθμω”, ricorda Aristotele, si respira ad intervalli regolari. Così quando suona il maestro Burt Bacharach, l’intero auditorio respira allo stesso ritmo, all’unisono, un unico “battito”, un unico corpo …“Bacharach ha il tocco inconfondibile del maestro della commedia musicale; sembra che le sue canzoni cantino, parlino e ballino allo stesso tempo”, scriverà Jack Roll su Newsweek all’indomani del debutto dello spettacolo (“What do you get when you kiss a girl/ You get enough germs to catch pneumonia”) ” (cfr. Ondarock / pop muzik / Burt Bacharach). Scrive “Hubert Saal, nel 1970 : “puoi avere una canzone strepitosa, ma un arrangiamento o una produzione scadenti la rovineranno sempre”. (cfr. Ondarock / pop muzik / Burt Bacharach). Il Maestro Bacharach cura tutto nei minimi dettagli, alla perfezione in tutto, per questo le sue musiche sono veri e propri capolavori. “Devo staccarmi dal pianoforte per capire cosa ho davvero in mano – ricorderà – Ho sempre fatto così: lascio il pianoforte, mi siedo in poltrona e ascolto quello che succede nella mia testa. Sento anche l’armonizzazione. Ma devo allontanarmi dalla tastiera, perché se ci rimango non vedo la prospettiva orizzontale. Bisogna guardare tutto in orizzontale e capire cosa succede da quel punto di vista. E poi rimettersi alla tastiera, sistemare le cose, scriverle, riguardarle. “Con questo intento mette mano anche a un altro album-capolavoro, l’omonimo Burt Bacharach del 1971.” (cfr. Ondarock / pop muzik / Burt Bacharach). La musica del Maestro statunitense predilige i tempi composti (6/8, o binario e 12/8), ai semplici (il classico 4/4, ad esempio). La “binarietà” del “tempo composto” (6/8), prediletto dal maestro Bacharach, porta la nostra mente la “δυας”, dualità, di cui parlava Proclo, filosofo neoplatonico, legata al “τριαδιχον”, il “triadico”, che “permea tutte le cose”1 (nota 1 al testo di W. Beierwaltes, Proclo, Vita e Pensiero, p. 97: “I Eucl., 314, 21 … Theol. Plat., III, 12, 140, 37), il “quaternario”, tutti convergono alla “μονάς”, la monade, l’Uno, armonicamente. Così Proclo: “La triadicità è immagine dell’essere, che è in origine un misto di limite e illimite; l’unità infatti è limite, la dualità illimite, e ad esse soltanto la triade è uguale, poiché essa è fatta di entrambe, ed è l’unica a godere di questo : di essere uguale ai principi”. Proclo, In Remp., II 45, 27-46-1 (cfr. Werner Beierwaltes, Proclo, I fondamenti della sua metafisica, intr. di Giovanni Reale, Vite e Pensiaro, p. 69). Un tensione alla “ενωσις”, ‘unificazione’, si avverte in tutte le armonie del maestro, quella ‘unificazione’ che troviamo nella ‘Tetraktis’, emblema del pitagorismo, denominata dagli stessi “Harmonia”, in quanto racchiude tutti gli intervalli armonici principali, ‘diatessaron’ (quarta), ‘diapente’ (quinta), ‘diapason’ (ottava). Santa Tetraktys, “forma simbolica” dei pitagorici, denominata “Harmonia”. Espressione numerica degli intervalli di quarta (diatessaron), quinta (diapente), e ottava (diapason). Il “Lambdoma”, rappresenta la “forma simbolica” espressioni delle due serie, o progressioni geometriche 1, 2, 4, 8 e 1, 3, 9, 27, rispettivamente espressione di “intervalli doppi (διπλασιου), e tripli (τριπλασιου)” (cfr. Platone, Timeo, 43d), utilizzati dal “demiourgos”, l’Artigiano Costruttore dell’Universo, platonico, per dividere l’anima del mondo “secondo il numero” (cfr. Plutarco, “De procreatione animae in Timeo”; cfr. Franco Ferrari, “La psichicità dell’anima del mondo e il divenire precosmico secondo Plutarco”). “L’armonia del mondo si esprime nella serie di sette numeri, 1, 2, 3, 4, 8, 9, 27, che contiene in sé il ritmo segreto del macrocosmo e del microcosmo: poiché i rapporti fra questi numeri racchiudono non soltanto tutte le armonie musicali, ma anche la musica inaudibile dei cieli e la struttura dell’anima” (cfr. anche Rudolf Wittkower, Principi architettonici dell’età dell’Umanesimo, Einaudi, p. 103 sgg.). Con ““Nikki”, dedicata alla figlia, affetta dalla Sindrome di Asperger e condannata a un destino tragico (morirà suicida nel 2007)”, il maestro statunitense raggiunge la vetta sublime del monte “Parnaso”, per lei “scrive uno strumentale arioso, con archi dalle tinte delicate e un coro angelico su cui si insinua un sax che disegna una melodia dal candore infantile. Il testo originale, scritto da Hal David per la versione cantata del brano, cercherà di condensare tutta la tenerezza del mondo per una creatura così delicata.” (cfr. Ondarock / pop muzik / Burt Bacharach). «Dirò all’attimo: sei così bello, fermati» Johann Wolfgang von Goethe, Faust. Ma c’è una luce nel maestro, che sembra illuminarlo dall’interno, gli ebrei in lingua ebraica direbbero “Luz”, nocciolo d’immortalità, emblema del “divino”. Questa luce, che non proviene da “fuori”, ma da “dentro” irradia la sua esistenza e quella di coloro che gli stanno vicino, come un “flusso sonoro”, capace di produrre “Epode”, incantamento, e che ricorda tanto l’ “intra te ipso”, proprio dentro di te, della “Lettera a Lucilio” (23) di Seneca (De vita beata), di quella “gioia” che “non deve mai mancare”, e deve “nascere proprio dentro” di noi, quella “gioia” propria della sapienza tradizionale, della “Philosophia Perennis” (cfr. René Guénon, Simboli della Scienza sacra; A.K. Coomaraswamy, Sapienza orientale cultura occidentale), espressione del ‘divino’. “Vola via, uccello azzurro del Kentucky/ e porta un messaggio a Marta” così recita la canzone “Message to Michael”. Piace pensare ad una possibile può relazione analogica tra il messaggio di speranza portato a Marta dall’ “uccello azzurro del Kentucky” e il messaggio di speranza contenuto nella “Lettera a Lucio” (23) di Seneca. “E Salomone disse: o uomini che siete stati istruiti al linguaggio degli uccelli e colmati d’ogni cosa” Cor., Sura 27. Del resto gli uccelli sono creature, al pari di Mosè, istruite nell’ “Arte musicale di Dio”. Così Elvis Costello: ““Ho contribuito anch’io alla scrittura della musica ma quando il pezzo decolla veramente, soprattutto nel motivo principale, Burt ingrana una marcia che non conosco – gli renderà merito a sua volta Costello – Il risultato è quel senso di oscurità che è nella sua musica e che io riconosco nelle mie corde: c’è quel senso di dubbio anche nelle sue canzoni più solari, che rende la sua musica senza tempo”. “In questa sfera è la musica, come in quella la medicina, a produrre un tale accordo fra gli elementi, suscitando amore e consenso vicendevoli; e quindi la musica è, per parte sua, scienza delle inclinazioni amorose nell’armonia e nel ritmo” Platone, Simposio, 186c (cfr. Platone, Simposio, intr. di Vincenzo di Benedetto, trad. e note di Franco Burt Bacharach ed Elvis Costello – Ferrari, BUR, p. 133). Se dovessimo descrivere dal punto di vista della “fisica vibrazionale” la musica di Burt Bacharach potremmo dire che assomiglia ai “segnali a onda media” tanto diffusi nell’America e che “hanno la proprietà di seguire la curvatura della terra (cosiddetta “linea dell’orizzonte”)”, potremmo dire, accarezzandola, così da accarezzare anche la “psyche” della terra (Platone in “Timeo” descrive la Terra come “un organismo vivente” dotato di “psyche”, anima, e “loghesmon”, pensiero), e al contempo accarezzare anche l’anima di suoi abitanti, e come i ‘segnali d’onda’ “essere riflessi durante le ore notturne dalla ionosfera”… “bisogna dunque affermare che questo mondo, che è un vivente dotato di anima e di pensiero, è stato davvero generato secondo il disegno della divinità” Platone, Timeo, 30c (cfr. Platone, Timeo, a cura di francesco Fronterotta, BUR, p. 187). Potremmo dire in una parola che la musica di Burt Bacharach è “pneuma”, aria, etere, assimilabile, ad un’architettura “armonica”, o per dirla con il Prof. Jane Hani ad un “tempio”, che “è un cosmos sacralizzato e offerto” (cfr. Jane Hani, Il simbolismo del tempio cristiano, Ed.Arkeios, p. 48) all’umanità, ma soprattuto a Dio … Del resto Johann Wolfgang von Goethe, ci insegna che: “L’architettura è musica irrigidita…” “Aristotele”, che riconosce alla musica “tre funzioni diverse: … ‘educazione’ (paideia), ‘divertimento’ (paidia) e ‘ricreazione intellettaule’ (diagogé)” (cfr. Eleonora Rocconi, Mousikè téchne, La musica nel mondo greco, EDUCatt, p. 84), collocherebbe la musica del maestro statunitense in quel luogo di “medietà”, di “misura”, che è una qualificazione ‘divina’, che le compete : la “diagogé”. Del resto la “misura” è un tema fondante per l’uomo dell’antichità come per quello della modernità; una lezione mirabile ci giunge dalla voce antica di Euripide, il quale fa dire alla ‘nutrice’ dei figli di ‘Medea’: “Misura è una parola che solo a pronunciarla vince, ‘Misura’ è la scelta migliore per l’uomo” Euripide, Medea. Una profonda relazione analogica è possibile rilevare tra la produzione artistica del compositore statunitense, con particolare riferimento a quella più matura, e la VI Lettera di Platone (“Platone a Ermia, Erasto, Corisco: buone cose.”), che è paragonabile ad un “messaggio in bottiglia” per l’umanità; entrambe, la VI Lettera e la musica del Maestro, contraddistinte, da una “Humanitas” ricca di vibrante temperatura umana, alla continua, costante ricerca di verità, e di “filia”, di amore per l’uomo, per la vita, un amore “cosmico” indescrivibile, si apprende dalle parole di Platone, e dalla musica sublime del Maestro, nella quale si mescolano indistintamente, in una condizione di “Xrasis”, di mescolanza, simile a quella di cui parla Platone in “Fedone”, che caratterizza l’anima, dove la gioia e il dolore, come la semplicità e la complessità, e ogni genere di contrari si alternano indefinitamente, rappresentando la vita … Ciò che scrive Ibn Sina (Avicenna) il Maestro lo esprime con la musica: “Tu ti credi un niente ma l’universo è dentro di te …”Con la struggente “Alfie, The Very Best of Burt Bacharach”, il maestro raggiunge quel luogo, proprio delle “stelle fisse”, secondo la “tradizione autentica”, acclarata da Pitagora, Platone, Aristotele, ma anche da Dante, dove si svolgono, come dice Platone in “Timeo”, i “moti circolari”, sempre identici a sé stessi, il luogo dell’ “οὐσία”, dell’essere, della “αληθεια”, della verità, di quei “moti sempre identici a se stessi”, utili all’uomo, per tramite delle “Muse” a “riordinare i circoli interiori dell’anima che si fossero disordinati e renderli conformi a sé stessi, in quanto chè la nostra disposizione manca di misura (ametron) e di grazia (kariton)” (Plat., Timeo, 47 d-e), l’ “Empireo”, il luogo del “divino”. Nel suo ‘refrain’ “And you’ll find love any day, Alfie, Alfie” “E troverai l’amore ogni giorno, Alfie, Alfie”, è custodita la formula alchemica, sigillo e sugello dell’ “epodè”, dell’incantamento, prodotto dalla parola “love”, amore, la parola “chiave universale”, che, come un ‘mantra’, si ripete in pressochè tutte le sue armonie. Del resto “Eros”, l’amore, è, in ambito tradizionale, segnatamente greco, quel ‘Daimon’, quella entità semidivina, che nel repertorio iconografico greco appare raffigurato con sembianze ‘umane’, ma provvisto di ‘ali’, in quanto preposto alla comunicazione tra gli uomini e Dio. In quell’espressione “And you’ll find love any day, Alfie, Alfie” “E troverai l’amore ogni giorno, Alfie, Alfie”, è custodito il segreto della “vera felicità”, la “vera gioia”, la stessa di cui parlava Platone “possa io nascere interiormente nella bellezza” Platone, Timeo, 90 d (cfr. Ananda Kentisch Coomaraswamy, Il grande brivido, Adelphi, p. 35) Che, nell’espressione neotestamentaria (cfr. Gv. 3,3-10), diventa : “Possa io nascere interiormente “nello Spirito” e “rinascere dallo spirito” (cfr. Ananda Kentisch Coomaraswamy, Il grande brivido, Adelphi, p. 35) E anche Seneca, nella Lettera a Lucilio (De vita beata, Lettera a Lucilio, 23): “intra te ipso” , proprio dentro di te, dall’intimo (dove il dentro corrisponde al sopra, a ciò che è in alto, a Dio), un grandioso, mirabile inno alla vita, alla gioia, a Dio. Questa è quindi la “vera gioia” … “… non è il progresso che fa o farà la felicità dell’uomo” Jacques Viret (cfr. Jacques Viret, Musicoterapia, pref. e cura Antonello Colimberti, trad. dal fr. Diminique Larson, Ed. Pardès 2007, Graf. e impag. : P. T. Benedetti, equinozio d’autunno 2016, p. 180). Così quando, nel 1986, Dionne Warwick e Burt Bacharach, appaiono sul palco, sono simili ad una visione di mirabili emblemi classici, quello della “kalokagatia”, della bellezza morale del buono; essi offrono all’auditorio, su un aureo piatto, la mirabile “Alfie”; così il volto di quella ragazza che cantava i ‘Gospel’ in Chiesa, con in mente le parole del “discorso” di Martin Luther King J. “I have a dream” (io ho un sogno), si illumina, e quando entra il piano scintillante, di classiche note auree, del maestro, essi sono già due astri, “due luminari”, il Sole e la Luna, in orbita, che volteggiano, danzano, con le note, nel ‘Kosmos’, ‘armonicamente’, in una alternanza ciclica, e “Alfie” diventa un “Gloria in excelsis deo …”, un “Kerygma”, un annuncio, che a gran voce grida : “ne vivrà l’uomo di solo pane, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio» (Mt. 4,4). Così entrambi, come tutti coloro che ascoltano, e l’aere dell’auditorium denso di “armoniche risonanze”, si assimilano alla “circulata melodia” di cui parla Dante. “Così la circulata melodia si sigillava, e tutti li altri lumi facean sonare il nome di Maria”. Dante, Par. c. XXXIII Le “forme simboliche”, e la musica ne incarna una di queste, sono “utili” all’uomo come mezzo di “mediazione”, come “supporto meditativo e contemplativo”, per raggiungere la dimensione “sovra-formale”, afferma la “tradizione”. Platone, autorevolissimo depositario della “tradizione”, in “Repubblica” (509d), chiama “ορατον”, il “visibile” e il “ νοητον”, il noetico, ciò che attiene alla sfera “metempirica”, “sovrasensibile”, il “divino”. Ebbene, l’arte del compositore statunitense ci aiuta ad arrivare proprio là, nel luogo del “divino”. “Pare dunque anche a te” dissi io “che il nostro discorso sull’educazione musicale sia giunto al termine? E’ terminato proprio là dove doveva terminare, perché certo la musica deve culminare nell’erotica del bello” Platone, Repubblica, 403 c-d (cfr. Platone, Repubblica, a cura di Mario Vegetti, BUR, p. 493). Vedere il Maestro, alla fine del concerto, tenutosi alla ‘Fenice’ di Venezia (16 giu. 2014), concedersi, in un benefico, vibrante, bagno di umanità, è stato toccante, ed al contempo edificante, poiché è proprio in questi momenti che l’artista esprime se stesso, donandosi, vivendo quell’ “empathia” che caratterizza il “moto artistico”, la compartecipazione, la vicinanza tra spettatore e artista, il sentire insieme, l’essere uniti per tramite della musica, una visione “edificante”. Questa condizione ci fa pensare alla mirabile espressione evangelica giovannea : “Ut Unum sint”, affinchè siate una cosa sola Gv. 17, 20-23 Un “respiro unico”, unificante, quello della musica, il cui “ethos educativo”, “Kathartico”, purificatorio, e quindi “terapeutico”, è riconosciuto da sempre. Le Biografie del maestro scrivono : “A tracciare un consuntivo di amori, dolori, successi e fallimenti provvederà nel 2013 l’autobiografia “Anyone Who Haf A Heart” (Harper Collins, 2013), in cui Bacharach racconterà per la prima volta la sua storia. Incluse confessioni toccanti: “Non ho mai voluto leggere, anche se la tengo sempre con me, la lettera che Nikki (la figlia, n.d.c.) mi lasciò prima di morire – rivelerà – perché so già quello che c’è scritto”. Poi dirà ancora di sé, a mò di testamento: “La vita è stata molto buona con me. In un certo senso mi fa piacere restituire qualcosa di quello che ho ricevuto. Sulla mia tomba vorrei fosse scritta una semplice frase: “Ha cercato di essere una brava persona. (…) Nonostante… il Lifetime Achievement Award della Recording Academy … nel 2009 lo ha definito “il più grande compositore in vita” – Bacharach non ha mai rinunciato a mettersi in gioco, confrontandosi con le nuove generazioni. Nel 2011 incide ‘When Ronan Met Burt, insieme a Ronan Keating (leader dei Boyzone), …terzo posto … classifiche inglesi, nel 2015 con … ‘AHouse Is Not A Home Tour, irrompe … alla veneranda età di 87 anni, sul palco del Glastonbury Festival, … uno dei santuarì del rock mondiale, davanti a una folla di giovani in delirio. “E’ stata una di quelle occasioni che capitano una volta nella vita – commenterà – credo sia dovuto al fatto che le mie canzoni hanno avuto la fortuna di attraversare le genrazioni” (cfr. Ondarock / pop muzik / Burt Bacharach). E’ molto difficile, una volta raggiunta la vetta del ‘Parnaso’, restare ‘terreni’, ‘umani’, e questa è una delle ‘qualificazioni’ del grande Maestro e compositore statunitense Burt Bacharach, dell’uomo Burt Bacharach, quella di essere rimasto “interiormente semplice” … Concludendo, si ha l’impressione, credendo di non sbagliare, che il maestro, con la sua mirabile arte, la schiettezza, la semplicità, la sua “comitas”, l’affabilità, come la chiamerebbe Seneca, che subito conduce al “gaudium”, alla gioia, quella felicità, quello “stato di beatitudine”, che si legge nei suoi occhi mentre suona, emblema della “luce interiore”, che viene da “dentro”, e non “da fuori”, e che si irradia all’esterno, e viene beneficamente offerta a quanti hanno avuto la ventura di conoscerlo, e apprezzarlo, e a quanti, come me, ne hanno potuto apprezzare le virtù, che da sempre lo distinguono, solo attraverso la sua musica, che come dice Platone “tra le arti è la più spirituale”; qualcosa, per restare in tema di ebraismo, che lo fa tanto assomigliare a Mosè, che, come apprendiamo da Basilio Magno, che riporta l’espressione utilizzata da Origene in “Philocalia”, era “uno istruito nell’arte musicale di Dio…”. Buon compleanno maestro, e grazie per la “bellezza”, e l’armonia, che irradia nell’etere, nelle nostre vite, e in tutto il cosmo … “ευ πραττωμεν”, staremo bene. Platone, Repubblica, L. X, 621d.