Come segnalibro in questo quaderno una chiave esagonale, serve per modificare un letto. In macchina mi trovo, ascolto musica e rifletto assorbendo un mondo imposto, occhi respirano confusione, sembra quasi che ci sia una totale dimissione. Non importa quello che si possiede quando si è perso il più grande tesoro. Il più grande tesoro sommerso da vetrine, svendite colossali del nulla, incontri sradicati da quella sicurezza nell’anima, confronto con popoli di un’altra barriera, bambini che giocano nel vuoto degli anziani. Fermo in macchina un omino rosso mi chiede di farmi avanti, un vigile fischia, eppure sono fuori da qualsiasi dinamica, sono libero in una gabbia sbarrata da responsabilità. Gli abiti che indosso col tempo perdono colore, confido nella luce interiore. Mi dispiaccio per gli equivoci, le parole messe in bocca, le ali relegate attorno un sentimento. Quarantuno sono gli anni che precedono la mia rinascita, sono molti gli insegnamenti suggeriti nei giorni avvenire. Passeggio nei sogni, respiro il loro sudore, assaggio l’aria del vento che mi bacia, rivedo la mia fronte e scorgo un imbuto che non riesco a sigillare al mio cuore. Dicono che sia profondo, sensibile, ma forse è il risultato del rosso di una coccinella, del numero delle spine di un riccio, e la continua esigenza d’amare, ignorare le provocazioni figlie dell’ignoranza. Desidero rimettere tutto a posto, riporre il peso del mondo, sopra il planare di una farfalla, senza inseguire una palla, lanciando semi in una stella.
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