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Devozione al tempo investito nella speranza

Sembrerebbe un caso, ma l’abituarsi alle strane interferenze, diventa un confronto quasi fantascientifico. Il pensare ai neuroni come spazio infinito, dove singole voci s’incontrano accendendo piccoli spiragli. Dalla fragilità può nascere la comprensione, una società vittima dell’apparire. La mia esigenza di comunicare un messaggio, non può lasciare nel bagaglio delle emozioni e delle memorie, sbiadire ferite che non contano, quasi non appartenenti al corpo, spirituale. L’infanzia è ingresso del fanciullo, mantenimento del ricordo. Mio nonno, (Cicetto) era un grande uomo. Per parlare di lui bisogna prima immergersi nella guerra, dove da capitano resta insieme al suo cane (Mia) superstite di una imboscata, l’intero suo squadrone viene polverizzato dai caccia rivali. Lui scese dalla camionetta in corsa per inseguire Mia. Mia, aveva percepito l’avanzare del pericolo, ed era fuggita. Ogni volta penso ai suoi ordini ai suoi ragazzi: Andate, ci vediamo alla base, io riprendo Mia. Credo, si sia portato a vita questo cruccio, che è anche l’inizio mio e di Mia, ritrovo lo stesso sguardo simbiotico uomo cane. Una frase Zen per come la ricordo: Nei momenti di maggiore oscurità l’uomo si è sempre affidato agli animali. Il Padre dei padri ha dato all’uomo gli animali, affinché l’uomo ne potesse gioire nella compagnia e nel lavoro.

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Il concetto di uomo e animale è assai antico, in molte immagini raffiguranti santi, sono presenti umili servitori dallo sguardo devoto, i migliori nella fedeltà per sentieri urti e spigolosi. Quest’ultima osservazione la manifestai quasi a un pubblico che si venne a creare all’ingresso della Cattedrale di Catania. Precisamente venni rimproverato severamente di accomodarmi con Mia fuori da quelle mura, intervenne anche un addetto alla sicurezza che mi colpì proprio per la polo griffata dell’arcivescovado. Mi venne riformulato l’invito della venditrice di medagliette all’ingresso, mentre molti precipitavano dentro gli occhi di Mia.

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Mio nonno era una persona semplice e al contempo forte e coraggiosa, non amava l’ipocrisia ed era un uomo di legge e di giustizia. Fu promosso Generale, ma lui di quei gradi cercava solo il meglio. In silenzio a volte lo andavo a trovare nell’intimo di una poltrona, non si dava pace per il fallimento della causa. I suoi insegnamenti erano semplici, mai un dito addosso, certo ci terrorizzava sentirlo alzare la voce, ma riconoscevamo in quell’essere una profonda saggezza. Mario, fratello di Gaetano sposato con Santuzza, la sua famiglia aveva origini al Fortino, precisamente in una via dove anticamente si facevano le corde, Via Sacchero. Mio nonno incontrò mia nonna Carmen dopo che mia nonna aveva concepito mia madre e mia zia. Mio nonno genetico si chiamava Giuseppe. Del Colonello, come lo chiamavano rispettosamente e con immenso affetto nella numerosa comitiva del gioco, sono tantissime le cose che tutt’oggi vivo ciclicamente, una mi riporta proprio dentro Piazza Giovanni Verga. Il Parco Ritrovato, veste poetica che ho desiderato tanto dare, vivendo questo spazio espropriato da un posteggio, ma ai lati alberi sacri. Tutti gli alberi sono speciali, ma con questo parco ho istaurato un contatto come nel Giardino dentro il giardino (Villa Bellini), li vedo e sento proprio come casa, custodia, infanzia, famiglia, ricreazione.

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Mio nonno amava la menta, sotto due alberi di limoni a Trecastagni (Casa Chicco) ne aveva molte piantine. Accanto c’era una cucina che adoperavamo per preparare il pane duro che regolarmente il panificio metteva da parte anche per le galline, trionfo quando ci disse che desiderava fare il pollaio. Quando i cani defecavano, mio nonno ci diceva di spostarci le foglie attorno, da creare una montagnola e poi salirci sopra. In pochi giorni tutto diveniva nutrimento sano per la terra. A passeggio con Mia, mi piego ovunque e in qualsiasi veste per raccogliere i suoi escrementi, a volte capita farci chilometri prima di incontrare anche un cestino dei rifiuti, non mi pesa, lei è la mia cucciola. Le mie scarpe sono spesso fatte di terra, mi piace il contatto, respirare, sentire il corpo divenire un tutt’uno. Mia, corre felicemente in mezzo a quegli alberi di non pochi odori. Quando fa i suoi bisogni, ritorno in uno spazio temporale bambino, e disegno con i piedi. Quando mi allontano da quel gioco che è la vita, trovo quelle forme in armonia con Madre Terra. (Fontana avvolta da un posteggio)

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Ritrovamenti Urbani: Letture Cattoliche di Torino / An. XXXIX – Giugno – Fascicolo VI / 3 – 462 Vita di S.Luigi Gonzaga, per cura del Sac. Prof. Giov. Battista Francesca con l’aggiunta delle sei Domeniche In Onore e in Apparecchio alla Festa del medesimo Santo. Torino, 1891 Tipografia e Libreria Salesiana

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